Innovazione o eccesso: il nuovo percorso della moda ispira o aliena?
L’ultimo rimpasto di direttori creativi – in particolare, la nomina di Demna da Gucci – mette a nudo la fragilità dell’identità nel continuo gioco delle sedie della moda. Proprio quando iniziavamo ad abituarci a una visione creativa alla guida di un brand storico, il vento cambia di nuovo. Ma siamo onesti: questa è vera innovazione o semplicemente un eccesso?
Per dirla in altro modo, il frenetico, febbrile delirio della moda per i cambi di designer sta ispirando o sta alienando il suo pubblico?
Ricordate cosa abbiamo scritto sulla Milano Fashion Week e, successivamente, sulla Paris Fashion Week? Abbiamo celebrato il ritorno all’identità del brand, il rinnovato focus sulla timelessness e sul patrimonio storico. Abbiamo osato sperare in una certa stabilità. Eppure, meno di una settimana dopo, l’identità sembra essere stata gettata fuori dalla finestra.
Il crollo dell’identità: Demna da Gucci
Proprio mentre iniziavamo ad apprezzare una Gucci più identitaria, sperando in una vera rinascita del lusso, Kering ha annunciato la nomina di Demna Gvasalia come nuovo direttore creativo del brand. È come se Kering non avesse imparato nulla dal caos lasciato dall’era di Alessandro Michele, o dalle reazioni polarizzanti del mandato di Demna stesso da Balenciaga. Era davvero quella la visione di cui Balenciaga aveva bisogno? Trasformare una maison sinonimo di eleganza e raffinatezza in un’estetica distopica, post-apocalittica, da mercatino dell’usato dell’Europa dell’Est? Per vendere cosa, cappellini con il logo? E ora, succederà lo stesso a Gucci? Un brand sull’orlo della morte che sembra ricevere il colpo di grazia.
Infatti, la reazione del mercato è stata immediata: dopo l’annuncio, le azioni di Kering sono crollate di oltre il 12%. Nel frattempo, un sondaggio su Instagram condotto da The Business of Fashion ha rivelato che il 64% degli intervistati crede che Demna sia la scelta sbagliata per Gucci.
Considerazioni finali
Alla fine, proprio mentre iniziavamo ad apprezzare il rinnovato focus della moda sull’identità, sono bastati pochi giorni perché l’industria ribaltasse tutto. L’identità crolla sotto il peso di titoli sensazionalistici e del continuo rimpasto di direttori creativi – un ciclo che, a lungo andare, è estenuante. La nomina di Demna da Gucci è solo un esempio. Nei prossimi giorni, è probabile che vedremo altri brand del lusso giocare allo stesso gioco delle sedie. Jonathan Anderson, per esempio, ha appena lasciato Loewe, ma per andare dove? Per i conglomerati, la coerenza sembra essere l’ultima delle preoccupazioni. Questo ciclo di cambiamenti costanti è diventato la nuova normalità nell’industria della moda. Una malattia cronica che colpisce tutti i brand del lusso nella corsa al profitto e alla sovraespansione.
Ma questo è un gioco che porta a un devastante crollo dell’identità. Quello che sembra innovazione è, in realtà, eccesso. Quello che dovrebbe ispirare finisce invece per alienare. E mentre l’industria gira sempre più veloce, non si può fare a meno di chiedersi: per chi, esattamente, è tutto questo?