La soluzione paradossale del governo: un gioco di prestigio che fa sparire le responsabilità lungo la filiera
I subappalti nella moda sono un tema scottante che rappresenta un significativo rischio reputazionale per i brand del lusso. In risposta ai recenti scandali sullo sfruttamento del lavoro, il Ministro del Made in Italy, Urso, ha proposto una soluzione controversa. Ossia, esentare le imprese committenti dalle responsabilità.
Questo approccio si è cristallizzato in un emendamento – soprannominato “Salva Tod’s” – a seguito della richiesta di amministrazione giudiziaria per il Gruppo Tod’s da parte della procura di Milano. Approvato lo scorso martedì nell’ambito della legge annuale per le PMI, l’emendamento consente alle aziende di moda di ottenere una certificazione di “legalità di filiera”. In pratica, assolve i top brand dalla responsabilità per le condizioni di lavoro in fondo alla catena di fornitura.
La legislazione, recentemente approvata dalla Commissione Industria del Senato, stabilisce che i gruppi della moda non sono responsabili se disponevano di “modelli organizzativi” preesistenti progettati per prevenire i reati, supervisionati da un organismo interno dotato di poteri di controllo autonomi. La conseguenza è chiara e preoccpante. Le maggiori case di moda potrebbero presto essere completamente sollevate dalla responsabilità per lo sfruttamento all’interno delle loro stesse reti produttive.
Confindustria Moda e il vantaggio reputazionale
Confindustria Moda, che ha contribuito a redigere la normativa, difende la misura: “L’enorme pressione sui brand crea difficoltà nel settore”, affermano. “È giusto che ogni capofiliera organizzi correttamente il lavoro, ma di più non si può chiedere. Le inchieste in corso mandano un messaggio sbagliato ai lavoratori”.
Per i brand sotto i riflettori, questa certificazione volontaria di filiera rappresenta una chiara strategia di uscita. Le aziende possono scegliere di sottoporsi a audit esterni con i loro fornitori. Una volta che un decreto attuativo definirà i parametri, i brand conformi potranno esporre un marchio di “filiera certificata”.
Questo offre un vantaggio reputazionale e, soprattutto, una protezione legale. Se un fornitore certificato dovesse risultare irregolare in seguito, l’azienda capofiliera sarebbe schermata dall’amministrazione giudiziaria.
Subappalti nella moda — voci critiche: “Uno scudo per gli sfruttatori”
La mossa del governo ha attirato aspre critiche da sindacati e partiti d’opposizione. L’accusa è di legalizzare di fatto lo sfruttamento del lavoro.
Alessandro Genovesi della CGIL ha definito l’emendamento “un gravissimo precedente”. Ha dichiarato: “Di fronte a indagini della magistratura per reati di sfruttamento, il governo cancella il reato. Dallo scudo fiscale per gli evasori, si è passati allo scudo penale per gli sfruttatori”.
La CGIL è stata esclusa, così come le altre sigle, dall’incontro tra Urso e Confindustria Moda. Queste parti chiedono al governo di “introdurre criteri di verifica del corretto rapporto tra volumi produttivi e numero minimo di lavoratori, della corretta applicazione dei CCNL, della limitazione dei subappalti e della maggiore responsabilità dei committenti”.
Facendo eco a questa indignazione, la rappresentante del lavoro del PD Maria Cecilia Guerra ha denunciato l’emendamento come “un colpo di mano che indebolisce la lotta allo sfruttamento del lavoro”. Ha spiegato l’effetto pratico: “Un’azienda può vendere scarpe da 500 euro fatte da un appaltatore che paga i lavoratori 2,50 euro l’ora, senza subire controlli. La responsabilità del committente viene spazzata via da un certificato”. Lei e il collega Arturo Scotto condannano la misura come “un passo indietro voluto da una destra che non ha interesse a tutelare la qualità del lavoro né a preservare le imprese che non scelgono la via della concorrenza sleale”.
Considerazioni finali
In conclusione, dobbiamo chiederci: chi ricorre al subappalto per ottenere i prezzi di produzione più bassi possibili? E, in questa ricerca, cosa si aspettano i proprietari delle aziende di lusso? Il costo della manodopera più basso può mai corrispondere agli standard lavorativi più elevati?
I subappalti nella moda e le condizioni di sfruttamento sono un problema critico ma sistemico. Il paradosso fondamentale delle nuove misure governative è che legalizzano le stesse condizioni che portano allo sfruttamento. Le complesse catene di subappalto, spinte dal settore luxury alla ricerca dei costi più bassi, ora vengono protette da uno scudo legale. La “soluzione” proposta non innalza gli standard lavorativi, non verifica salari equi né limita l’esternalizzazione. Offre invece ai brand un modo per sottrarsi alla responsabilità. Garantendo così che i più alti standard del lusso continuino a poggiare sui più bassi standard dei diritti dei lavoratori.
L’Italia non sta risolvendo la crisi; sta garantendo l’impunità ai potenti a scapito dei vulnerabili.
In breve, il governo italiano sta offrendo una falsa soluzione. Protezione per i brand, non per i lavoratori.