Microplastiche e Salute Umana – Parte 3: L’Impatto nella Moda

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Microplastiche e moda – Sfide & soluzioni


Questo post, il terzo e ultimo di una serie in tre parti, approfondisce l’impatto delle microplastiche nella moda, esplorando sia le sfide che le potenziali soluzioni. Si basa sulle informazioni emerse durante l’evento di divulgazione scientifica del novembre 2024, Microplastiche e Salute Umana, in cui gli esperti hanno evidenziato la presenza pervasiva delle microplastiche e la loro crescente minaccia per la salute umana. Progetto Culturale di Natasha Calandrino Van Kleef; Direzione Scientifica di Claudio Fenizia. Promosso dall’Università Statale di Milano in collaborazione con il Comune di Milano.

Puoi leggere la prima e la seconda parte [qui] e [qui]. Inoltre, puoi guardare la conferenza [qui] e [qui].

Adesso entriamo nel nostro settore, quello della moda.

L’impatto delle microplastiche nella moda


Dalia Benefatto di Devalia ha presentato un’argomentazione efficace su “L’Impatto delle Microplastiche nella Moda: Sfide e Soluzioni”. Precisamente, ha promosso un approccio scientifico all’economia circolare.

La storia dei materiali sintetici è iniziata nel 1873, quando il newyorkese John Wesley Hyatt ha brevettato la celluloide. Ossia il primo polimero artificiale, che ha rivoluzionato settori come quello cinematografico. Senza la plastica, il nostro mondo sarebbe molto diverso. Tuttavia, una volta che le plastiche entrano negli oceani, subiscono frammentazione. Cioè, si scomponengono in particelle sempre più piccole che è impossibile recuperare. Queste particelle diventano infine microplastiche. Nello specifico, è un processo a cui sono sottoposti tutti i materiali tessili e gli indumenti realizzati con fibre sintetiche.

Oggi, l’85% dei tessuti e degli indumenti è realizzato con fibre sintetiche. Il poliestere è materiale più utilizzato grazie al suo basso costo. Sebbene il fast fashion sia spesso indicato come il principale colpevole, l’intera industria della moda ha una responsabilità significativa nell’inquinamento globale da microplastiche. Infatti, il poliestere è utilizzato in modo trasversale.

Poliestere, lavaggio degli indumenti e rilascio di microplastiche


Il fast fashion è particolarmente problematico a causa del suo modello di business insostenibile. Inonda continuamente il mercato con nuovi capi realizzati con materiali sintetici. Questi tessuti rilasciano microplastiche sotto forma di fibre, note come fibrille, che sono inferiori a 5 mm di dimensione e rappresentano un contributo significativo alla crisi globale dell’inquinamento da microplastiche.

Ogni anno, oltre mezzo milione di tonnellate di fibrille vengono rilasciate negli oceani, principalmente durante il lavaggio domestico. La quantità di fibrille rilasciate dipende dalla composizione del tessuto; maggiore è il contenuto sintetico, maggiore è il rilascio. Un singolo carico di lavaggio può disperdere centinaia di milioni di fibrille nei corsi d’acqua, aggiungendosi a quelle rilasciate durante la produzione degli indumenti.

Ad esempio, i jeans – probabilmente il capo d’abbigliamento più diffuso – subiscono trattamenti aggressivi come la sabbiatura, la spazzolatura e il lavaggio con pietra pomice. Questi processi aggravano il rilascio di fibrille e sostanze tossiche, intensificando ulteriormente l’impatto ambientale.

Economia circolare e cambiamento comportamentale


Per affrontare questa crisi, è urgentemente necessario un cambiamento sistemico verso un’economia circolare. È essenziale adottare nuove abitudini comportamentali, per prolungare la vita dei materiali. Questo sostituirebbe l’attuale modello usa e getta – “estrarre, produrre e scartare” con uno che privilegia la condivisione, la riparazione, il riciclo, il prestito, il riutilizzo, la ricondizionamento e il noleggio. Tuttavia, questa transizione deve essere basata sulla scienza.

La conoscenza scientifica, i dati e l’analisi sono essenziali per creare un ciclo virtuoso. Dare il via ad una conoscenza comune aiuterà anche a combattere il greenwashing, una pratica che mina gli sforzi di sostenibilità genuini. Benefatto sottolinea l’importanza della responsabilità rispetto alla semplice sostenibilità, sostenendo azioni misurabili piuttosto che affermazioni vaghe.

Ad esempio, uno studio del 2018 ha rivelato che un singolo lavaggio di indumenti sintetici può rilasciare tra 700.000 e 1,5 milioni di fibrille di plastica. Enti scientifici hanno anche confrontato due tipi di tessuti in poliestere: uno realizzato con fibre a filamento continuo (con fibre lunghe fino a 1.000 metri) e un altro con fibre più corte (circa 10 cm di lunghezza). Il primo rilascia sei volte meno fibrille del secondo, evidenziando l’importanza della composizione strutturale nella riduzione dell’inquinamento da microplastiche.

Passi Pratici: filtri per lavatrici, scelta dei tessuti e riduzione dell’impatto della fast fashion


I consumatori possono adottare misure pratiche per mitigare l’impatto delle microplastiche. Ad esempio:

  • Filtri per lavatrici: possono catturare fino al 90% delle fibrille, impedendo loro di entrare nei corsi d’acqua.
  • Sacchetti per il lavaggio: progettati per contenere indumenti sintetici, riducono il rilascio di fibrille durante il lavaggio.
  • Scelta dei tessuti: optare per fibre naturali o di cellulosa, come cotone, lana o lyocell, può ridurre significativamente il rilascio di microplastiche.

Materiali innovativi come la fibra PLA (acido polilattico), derivata da risorse rinnovabili come l’amido di mais o la canna da zucchero, offrono alternative biodegradabili. Allo stesso modo, il biochar, un sottoprodotto della biomassa, può essere utilizzato per produrre tessuti filtranti con proprietà antimicrobiche naturali.

Nella fase di progettazione, è cruciale privilegiare durabilità, riciclabilità e compostabilità. Un cambiamento culturale verso la valorizzazione della qualità rispetto alla quantità è essenziale per limitare l’inquinamento da fibrille. In definitiva, il mercato si adatta alla domanda dei consumatori, dandoci il potere di guidare il cambiamento.

L’impatto delle microplastiche nella moda – Considerazioni finali


Le nozioni di Dalia Benefatto sull’impatto delle microplastiche nella moda ci ha colpito particolarmente, evidenziando sia gli effetti dannosi del fast fashion che il potenziale per un cambiamento positivo. La sua enfasi sulla creazione di una base di conoscenza scientifica condivisa per combattere il greenwashing è stata particolarmente stimolante.

Tuttavia, la mancanza di uno sguardo di insieme, che colleghi i punti dei vari settori rimane una sfida. Ad esempio, Carlo Covini di Lenzing ha evidenziato la confusione riguardo ai tessuti sostenibili. Di fronte a molte opzioni, i consumatori spesso faticano a identificare le scelte migliori. Immaginate se gli indumenti fossero limitati a cotone e lana, le risorse globali si esaurirebbero rapidamente. In realtà, la vera sostenibilità risiede nella diversificazione dei tessuti e dei materiali, garantendo un equilibrio tra innovazione e responsabilità ambientale. Non riguarda un singolo tessuto.

In conclusione, la lotta contro l’inquinamento da microplastiche richiede un’azione collettiva, dalla ricerca scientifica al comportamento dei consumatori. Facendo scelte informate e sostenendo un cambiamento sistemico, possiamo ridurre l’impatto dell’industria della moda sul nostro pianeta e sulla nostra salute.

Speriamo che la nostra serie in tre parti vi sia piaciuta: lasciate un commento qui sotto!

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